L'usignolo e la rosa e altri racconti by Oscar Wilde

L'usignolo e la rosa e altri racconti by Oscar Wilde

autore:Oscar Wilde [Wilde, Oscar]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T08:39:09+00:00


II

Mi svegliai ch’era mezzogiorno passato, il sole inondava la stanza filtrando attraverso le tende coi lunghi, tremuli raggi di pulviscolo dorato.

Dissi al domestico che non ero a casa per nessuno e, finiti la mia tazza di cioccolata e un petit pain, presi dallo scaffale la copia dei Sonetti di Shakespeare e il facsimile dell’edizione in quarto del Tyler e cominciai a scorrerli attentamente. Ogni sonetto mi pareva avvalorare la teoria di Cyril Graham. Era come se, con la mano sul cuore di Shakespeare, ne contassi ogni battito, ogni palpito di passione. Pensavo allo splendido attore-fanciullo e ritrovavo il suo volto in ogni verso.

Ai tempi di quello che chiamerò il mio periodo Lord Pembroke, ricordo che mi riusciva difficile capire come mai il creatore di Amleto, di Lear, di Otello potesse rivolgersi a un qualunque giovan signore in termini elogiativi e passionali così lontani dal comune.

Come studioso di Shakespeare, io pure m’ero trovato costretto a considerare i Sonetti una cosa a parte, estranea all’evoluzione dell’artista come drammaturgo, quasi indegna del suo ingegno. Ora, invece, cominciando a rendermi conto della verità contenuta nella teoria di Cyril Graham, vedevo gli umori e le passioni che riflettevano come parte essenziale al perfezionarsi dell’arte drammatica shakespeariana e che proprio dalle esigenze del teatro elisabettiano queste poesie traevano la loro origine. Ricordo la gioia provata sentendo che quei sonetti mirabili, Sottili come la Sfinge, dolci e musicali Come il liuto formato dai capelli del radioso Apollo non rimanevano più isolati dall’impeto creativo del poeta ma erano, anzi, parte essenziale della sua attività drammatica e ci rivelavano qualcosa sui segreti del suo metodo. Aver scoperto il vero nome di Mr. W.H. era poco, altri avrebbe potuto farlo, o già lo aveva fatto, ma averne scoperto la professione rivoluzionava tutta la critica.

Rammento che due sonetti mi colpirono particolarmente. Nel primo di questi (il LUI) Shakespeare, rallegrandosi con Willie Hughes per la versatilità della sua recitazione, per la varietà delle parti sostenute - che andavano, come sappiamo, da Rosalinda a Giulietta e da Beatrice a Ofelia

- gli dice:

Di che sostanza sei fatto tu, Che milioni d’ombre seguono? Ciascuno non ha che un’unica ombra E tu, unico, presti la tua ombra a tutti.

Versi inintelligibili se non si rivolgessero ad un attore e il sostantivo

“ombra” non avesse avuto al tempo di Shakespeare un significato tecnico connesso con la scena: “I migliori del genere non son che ombre” dice degli attori Teseo nel Sogno di una notte di mezza estate.

La vita altro non è che un’ombra vagante, un povero attore Che si dimena e si agita, la sua ora, sulla scena, grida Macbeth nella sua disperazione, e molte altre allusioni del genere si trovano nella letteratura del tempo. Tali sonetti appartengono al gruppo di quelli in cui Shakespeare discute la natura dell’arte drammatica, lo strano e raro

temperamento

essenziale

al

perfetto

attore.

“Com’è”

chiede

Shakespeare a Willie Hughes “che hai tante mai personalità” e continua rilevando che la sua bellezza è tale che sembra assecondare ogni forma e fase della fantasia, incarnare ogni sogno dell’immaginazione creativa, concetto ancor più sviluppato



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